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venerdì 2 aprile 2010

Savinio dei fantasmi.

Il lettore di Alberto Savinio si accorge ben presto di essersi cacciato in una trappola dalla quale non prova alcuna voglia di uscire. Anzi, la sua mente si abitua a respirare una piacevole aria di sfida. Anche quando scrive di altri o di altro, e ciò in fin dei conti accade assai spesso, questo autore non fa che parlare di sé. Niente di strano, si dirà, succede più o meno a tutti gli scrittori. Ma accade che nel parlare di sé, in maniere provocatorie o di amabile umorismo, Savinio racconta di una persona che esiste di là dalla soggettività, così come la si intende comunemente. Tanto che in parecchi casi l'uso della prima o della terza persona grammaticale, scelta di stile che nella finzione del narrare ha certamente un peso, suona in lui pressoché indifferente. Tanto che il lettore coglie nella scrittura di Savinio un che di impalpabilmente burlevole, pure se nessuna burla è in atto. La sua frivolezza coincide con la più difficile serietà, quella che supera se stessa e non si prende sul serio. Di qui la domanda che il lettore curioso si pone a puro scopo di orientamento: di quale sé, di quali altri e altro racconta Alberto Savinio?
Deprecando l'urgenza di voler vedere l'autore, subito e tutto in una volta, condensato in una bella formula interpretativa, cominciamo con l'osservare che formule a ripetizione ce le fornisce egli stesso nelle più varie occasioni. Era affascinato dalla magica discontinuità e dal mutamento e rovesciamento continuo dei pensieri. "Il più sicuro modo di felicità è il movimento mentale: il "gioco" mentale: questa suprema e completa distrazione dalla noia, dal dispetto, dall'invidia, dallo smarrimento, dalla delusione, dalla tristezza, dall'odio, dall'ira, dal dolore, dalla morte". Tremendamente eroicomico, buffo di malinconia, è il partito preso contro la tragedia del vivere. " Atleta nella lotta contro le delusioni", Savinio si dichiara "uno che vive altrettanto naturalmente in ciò che esiste quanto in ciò che si crede non esista, tanto nel vero quanto in quello che è creduto falso, tanto nel reale quanto in quello che passa per irreale, tanto nella veglia quanto nel sogno". Quel partito preso mette in moto la mente verso tutti i mondi possibili, tenendoli insieme in una cangiante metaphysica naturalis. In un capitolo del suo primo libro, Hermaphrodito, apparso nel 1918, dopo aver ghignato sulle religioni e irreligioni degli antichi e dei nuovi tempi, se ne esce con un gustoso altolà ai malintesi: "Auguste chiamo le religioni. Sono invaso dall'animismo dei fenomeni e delle cose, molto più di quanto potrebbe esserlo un qualche cliente del Vaticano. Odo i richiami dell'aldilà, che talvolta mi da persino degli strappi alle falde della giubba. Venero il sorcio invisibile che ogni sera viene, arguto e cauto, a rovistare fra le provviste della mia credenza. Quando il battente del mio vetusto armadio si spalanca da solo - che la molletta rallentata non sa più rattenerlo - mi dico che \ anima dell'armadio lo respinge ". E che dire delle virtù profetiche del sogno? "Grande è il sogno, amici!... e quello è il più vero, che si fa nel profondissimo della notte; e che nessuna mente umana seppe mai rievocare. Ypnos e Thanatos - miei amici inseparabili - eran due fratelli. Ora siamo in tre ..."
Questo passo scherzoso, enfaticamente asseverativo, suggerisce una lettura ironica proprio nel momento che esprime una verità dell'anima. Sono i modi ambigui dell'arte amati da Savinio. Trent'anni dopo Hermaphrodito, divagando in un articolo sul Museo Etnografico di Palermo (per lui divagare è passeggiare nei pensieri), dirà che soltanto l'ironia mantiene vivo il passato, ce ne restituisce la serietà, perché soltanto l'ironia ci fa partecipi di ciò che per noi vivamente non è più. " Diversamente da come credono gl'ingenui, l'ironia non è ironica. L'ironia è seria". È un sentimento vibrante di pietà.

Introduzione a Alberto Savinio Hermafrodito e altri racconti, Adelphi, Milano 1995

Edoardo Sanguineti. Addio ad Alfredo Giuliani, sperimentatore del Gruppo 63.

Con Alfredo Giuliani scompare colui che ha legato il suo nome, prima di tutto, all'esperienza dei Novissimi, con i quali si inaugurò ufficialmente, nel 1961, l'avventura nella nuova avanguardia, in Italia. Alfredo era il più anziano di noi, e la responsabilità di quell'antologia davvero epocale se l'era guadagnata sul campo, con la sua attività di recensore delle novità poetiche sulle pagine del Verri di Anceschi.
La scelta dei cinque poeti fu piuttosto travagliata. Ma tutto nasceva, in quegli anni altrettanto travagliati, da una volontà precisa di contestazione e da quel desiderio di una scrittura realmente inedita e, per la calcolata ambiguità dell'insegna stessa, estrema e, infine, e per molti riguardi, chiaramente apocalittica. Bene o male, piaccia o non piaccia, siamo stati poi in effetti, nel profondo, gli ultimi: gli ultimi a sentire, per dirla con le parole stesse di Alfredo, che una scrittura alternativa importa l'impegno di un accrescimento di vitalità e la coscienza dello "schizomorfismo" in cui quella vitalità si articoli e si strutturi. E questo perché, parafrasando un motto celebre allora, e celebre oggi, «schizomorfo era ed è il mondo».
Edoardo Sanguineti. Addio ad Alfredo Giuliani, sperimentatore del Gruppo 63. Liberazione, 21 agosto 2007
Ma con Alfredo non ci abbandona soltanto colui che ha gestito quell'esperienza, dalla quale si è generato l'ultimo Gruppo storicamente innovativo. Scompare, con un amico difficile come di amici che davvero importano, il poeta e il saggista, il professore e il traduttore, il collaboratore e il complice di pittori, di teatranti, di musicisti, di tutta quella cultura inquieta che ha reso leggendari e quasi favolosi quegli anni anche, e forse soprattutto, per chi li ha poi combattuti e respinti più duramente.
Sei stato invidiato dai tuoi nemici, e invidiabile rimani e rimarrai, qualunque futuro si stia fabbricando per tutti gli uomini, in questo trionfo supremo del mercato delle coscienze, in questo catastrofico impero della violenza globalizzata.