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lunedì 20 maggio 2013

Penelope Fitzgerald

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Perché ho amato Penelope Fitzgerald

Sono un lettore affezionato di Penelope Fitzgerald, scomparsa ieri, all' età di 83 anni, vicino a Londra. Sono un suo lettore da quando Masolino d' Amico l' ha introdotta nel nostro paese. Confesso che mentre lavoravo a congegnare il mio secondo articolo su alcuni dei suoi romanzi (uscito in queste pagine il 12 marzo scorso), un po' trepidavo pensando all' età inoltrata dell' incantevole Vecchia Signora. E mi domandavo: scriverà ancora? Avrà pubblicato un altro libro dopo Il fiore azzurro? Dopotutto, quando apparve questo insolito romanzo nel 1995, la signora stava per toccare gli ottant' anni; sarà il suo canto del cigno? Devo affrettarmi, mi dicevo, perché forse la raggiunga almeno un' eco della nostra ammirazione. Quella trepidazione purtroppo ragionevole, era forse un presentimento dettato dall' affetto. Ora è venuto il momento di spiegare o di ribadire (infatti credo di averlo già suggerito nei due articoli a lei dedicati) perché si può amare a prima vista Penelope Fitzgerald. Penelope racconta le sue storie in un modo che sembra perfettamente naturale. Le sue frasi dipingono persone, cose, ambienti così come vuole che appaiano ai lettori. Senza mai una forzatura, un sovrappeso di retorica. Penelope è fantasiosa, ma non lo dà a vedere. Però ha il dono di attivare la fantasia dei lettori (ammesso che ne abbiano). Ognuna delle sue frasi ha la sua risonanza particolare, una vibrazione di senso, un colore o sfumatura che contribuisce all' insieme del quadro. Nei romanzi di Penelope non ci sono personaggi di contorno insignificanti. Vorrei prendere un esempio da L' inizio della primavera. Chi l' ha letto si ricorderà per sempre del servo Toma che compare di rado, quando è necessario in questo o quell' episodio. E per che cosa lo ricorderà? Per la sua conversazione col padrone Frank Reid, nel primo capitolo. Toma chiede a Reid se ha qualche notizia della moglie, che ha piantato improvvisamente la famiglia. Frank gli risponde che lei ha preso il treno per Berlino, e appurato il fatto non c' è altro da dire. Allora Toma osserva vagamente: "Dio non è senza pietà". E Frank, sorpreso: Ma come, quando sei venuto qui tre anni fa mi dicesti che non eri credente. E Toma, puntiglioso: "Non un non credente, signore, un libero pensatore. Forse non ha mai riflettuto sulla differenza. Come libero pensatore posso credere quello che voglio quando voglio. Questa sera posso affidarla, nella sua triste situazione, alla protezione di Dio, anche se domattina non crederò che esista. Come non credente sarei obbligato a non credere, e questa è una ingiustificabile limitazione ai miei pensieri". Un servo che la pensa in tal modo (a Mosca nel 1913 in agitati tempi prerivoluzionari) non è affatto incongruo, e non si può dire che è insignificante. E la bambinetta Christine Gipping (non ancora undici anni), che Florence Green è pressoché costretta ad assumere come aiutante nella Libreria, la ragazzina innocentemente spregiudicata, da vera proletaria anni Sessanta, che spiazza tagliente gli adulti con osservazioni micidiali, è senza dubbio un piccolo personaggio che Fitzgerald rende necessario e significativo della classe cui appartiene. Penelope ha un grande talento nel tratteggiare la presenza dei bambini nella vita degli adulti. Nei libri che conosciamo s' incontrano minori di vario carattere e classe sociale, non di rado dotati di una logica implacabile, che può parere cinismo precoce solo a chi non conosce i bambini. Penelope gratifica i lettori perché fa passare sotto i loro occhi, poniamo, la stupidità degli uni e la generosità degli altri, la cattiveria o la nobiltà d' animo, lasciando agli uni e agli altri il mistero delle loro inclinazioni. Il lettore giudica da sé solo. Penelope ha una grande maestria. Le sue frasi apparentemente semplici sanno esprimere situazioni complesse, suggerire sobriamente gli imbrogli dei caratteri. Penelope crede in ciò che racconta, ossia sa benissimo di esplorare il senso delle cose e degli esseri umani. I suoi personaggi li fa vivere e li conosce meglio via via che li racconta. Penelope è spiritosa e presta volentieri il suo umorismo ai personaggi che sappiano farne buon uso. Altrimenti li stringe con un filo di satira. Penelope è una signora colta, di buonissimi studi, di grande esperienza, che nella vita ha fatto tanti lavori diversi, anche modesti. E si capisce che ha sempre imparato qualche cosa. Non è un intellettuale, è un artista.

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