RISVOLTO
A Marsiglia, Walter Benjamin fumava hascisch e delirava, felice e malinconico; a Marsiglia, Sade somministrava confetti afrodisiaci di cantaride a quattro prostitute che poi lo avrebbero accusato di averle fustigate, sodomizzate e avvelenate. Ma la droga di cui entrambi fecero maggiore uso è un’altra: quella della letteratura come «adultero intruglio di tutto».
Per aiutarci a viaggiare all’interno di questa specie di letteratura, seguendo itinerari imprevedibili, contorti, eppure astutamente ragionati, Giuliani ci offre, con questo libro, una guida preziosa.
«Lo scrittore ‘moderno’ compare ogni volta che uno si mette a scollare le parole dagli oggetti sui quali erano appiccicate»; è una definizione ironicamente minima, e insieme carica di implicazioni. Partendo da essa, si apre una prospettiva di ingannevoli incontri e di risposte ambigue che Giuliani riesce a illuminare in modo magistrale. Dalla patafisica nera di Jarry si passa a quella ascetica di Daumal, l’Es di Michaux replica a quello di Groddeck, Renard e Manzoni confrontano le loro perfidie, l’ilaro-tragico Manganelli visita l’ipocondriaco Gadda, la sapienza postribolare di Nell Kimball si accompagna a quella del poeta-guerriero Mao Tse-tung, i romanzi involontari di Freud si intrecciano alle avventure di Cendrars, gli acidi di Corbière si mescolano con quelli di Lichtenstein, il magicomico Dylan Thomas si ritrova col metafisico Empson, mentre il corteo della poesia italiana moderna sfila davanti ai nostri occhi, da D’Annunzio e Montale ai poeti ultimissimi.
In breve: è un diario appassionante di letture che non hanno potuto evitare di diventare scritture, che hanno spinto un critico-scrittore a quell’esercizio non ben delimitabile né regolabile che è la critica in rapporto a quell’entità ‘mostruosa’ in cui riconosciamo l’essenziale e l’indispensabile della letteratura moderna. Esercizio in cui eccellono appunto gli scrittori, come provano, fra gli altri, i casi di Benn, di Pound, di Auden, di Valéry. Una tale critica, parlando di letteratura, parla continuamente d’altro; e, parlando di tutto, vi fa pulsare la letteratura: di questo i saggi qui raccolti sono una dimostrazione sottile, pungente, tortuosa, violenta. Certo, non molto troverà in questo libro chi cerchi equilibrati panorami, timorate gerarchie, elenchi di torti e benemerenze verso la società o la storia. No: come la letteratura di cui parla (e di cui fa parte), una critica della specie qui praticata da Giuliani è «cosa ostile, animalesca, insolubilmente blasfema e religiosa, che circola ancora da qualche parte nella vita e che cuori di rospo e orecchie di cane sanno ancora intendere». Ed è anche un aiuto fraterno e un segno di complicità per chi è felicemente sperso nella selva della «letteratura abbandonata a se stessa»..
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