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martedì 19 novembre 2013

Il cuore zoppo di Alfredo Giuliani

Tommaso Lisa |  Note su «oggettivazione del simbolo» e «accrescimento vitale» |  in Il cuore zoppo di Alfredo Giuliani*


«Sgroviglia gli arruffati pensieri dei trent’anni / mentre imbruna il cielo tra meriggio e inverno, / filano le antenne verso il nord / e s’impolvera l’orecchio. / Angeli viola preludiano in torma ad ogni svolta. / Ecco l’omacchio disarmato / in mezzo al petto del campo; / ecco sul dorso dei colli, in figure di dolore, / ulivi aspri e forti / a due a due contorti in tenero colloquio».
**Il presente saggio è la rielaborazione di un paragrafo della mia tesi di dottorato La poetica dell’oggetto. Da Anceschi ai Novissimi, Università degli studi di Firenze, Dottorato di ricerca in Italianistica, ciclo XVII, tutor Anna Dolfi, adesso in corso di stampa col titolo Le “poetiche dell’oggetto” di Luciano Anceschi e dei Novissimi. Linee evolutive di una istituzione della poesia del Novecento, (Firenze, Firenze University Press).
1 Cfr. AA.VV., I Novissimi. Poesie per gli anni ’60, a cura di Alfredo Giuliani, Torino, Einaudi, 2003.
2 A. Giuliani, Il cuore zoppo, con sette versioni da Dylan Thomas, Varese, Magenta, 1955. Nella prima edizione i versi iniziavano, secondo la tradizione anglosassone, con la maiuscola.
3 R. Luperini, Il Novecento Apparati ideologici, ceto intellettuale, sistemi formali nella letteratura italiana contemporanea, vol. II, Torino, Loescher, 1981, p. 849.
4 Cfr. T.S. Eliot, Sulla poesia e sui poeti, traduzione a cura di Alfredo Giuliani, Milano, Garzanti, 1960; James Joyce, Poesie, traduzione a cura di A. Giuliani, Milano, Mondadori, 1961.
5 Nell’ordine: Resurrezione dopo la pioggia; Ogni domanda penetra la quiete; I giorni aggrappati alle città; Io fo per te un campo d’erbe canute; Sale il grano e si spegne; Nel mio sangue risuscitano i boschi; Pastello; Città d’estate; Ritratto a penna; Quando vidi il salice; Grige radure s’accendono; I fantasmi della felicità; I cacciatori di grilli; Dammi la mano me stesso; Il mondo è gremito di voci; Amico della volpe e del rondone; Compleannno; Nel mio cieco parlare.
6 Cfr. Antonio Schiavulli, Fra oggetto e simbolo. Il Cuore zoppo di Alfredo Giuliani fra tradizione e neoavanguardia, in “Critica letteraria”, 129, Napoli, Loffredo, 2005, pp. 731-752.
7 Giulio Ferroni, Alfredo Giuliani, l’escrescenza del significante, l’algebra semantica degli oggetti: dall’astrazione fenomenologica al collage, alla manipolazione libido-fecale della lingua tautofonica, in AA.VV., Novecento. Gli scrittori e la cultura letteraria nella società italiana, a cura di Gianni Grana, Milano, Marzorati, 1983, p. 9813.
8 Per una testimonianza diretta del fertile rapporto intercorso tra la “Nuova fenomenologia critica” di Luciano Anceschi e la poetica di Giuliani, cfr. la testimonianza dello stesso Giuliani, Anceschi e la tradizione del nuovo, in Renato Barilli, Fausto Curi, Emilio Mattioli, Lino Rossi (a cura di), Luciano Anceschi tra filosofia e letteratura, numero monografico di “Studi di estetica”, 15, 1997, p. 218.
9 «Nelle mie poesie, se mi è possibile chiarire le intenzioni, il disordine della vita, né scansato né posto tra parentesi, anzi presupposto di ogni discorso, non è assunto quale indice di un atteggiamento semantico, non è preso esistenzialmente for granted. Lo schizomorfismo diventa una logica del pensare correttamente, poiché le cose importano meno della coscienza che le forma penetrandone la struttura. Il tema è la vita oggettivata nei suoi momenti di crisi: vita depurata dall’ovvietà, non dalle sue implicazioni tragiche. Quello che mi pare paradigmatico è il bisogno di stringere da vicino simbolo e significato. Perciò il discorso tende a manifestarsi in forma di pensieri non concettuali ma ‘gestuali’, non preordinati, non dilatanti il ‘già pensato’». «[...] in altre parole suppongo che l’aspirazione delle mie poesie sia di far diventare i pensieri visibili come cose, non quali argomenti» (A. Giuliani, Prefazione a I Novissimi cit. p. 21), con la ricerca di un verso più concreto e consistente di quello della tradizione moderna.
10 Come nel caso del “cuore” reso “zoppo”, dove l’aggettivo porta un senso di goffaggine, legato a un difetto fisico-corporale, inserendo una nota di comportamentismo: lo zoppicare è un’azione «sgraziata, fin nel suono, così da profanare in giusta maniera la stucchevole e pericolosa liricità appartenente al cuore» (Renato Barilli, Gruppo 63, Bologna, Il Mulino, 1995, p. 38).
11 «Naturalmente, Giuliani poeta muove dalla “poetica degli oggetti”, ovvero dal polo Montale, che però cerca di emendare via via degli aspetti metafisici: sempre più oggetto, e meno simbolo, si potrebbe chiosare, ovvero, nella correlazione tra un aspetto mentale-ideale e uno cosale, l’accento sarebbe venuto a gravare sempre di più su quest’ultima componente. Basti pensare al titolo dell’”opera prima” di Giuliani, destinata a trovare posto nella collana anceschiana, Il cuore zoppo (1955)»; «La mimesi del mondo industriale avanzato si pone, insomma, a livello di funzioni, e non di fatti esteriori» (ivi, p. 44).
12 A. Giuliani, Recensione a E. Montale, La bufera e altro, ne “il verri”, 1956, I, p. 93.
13 «Le famosissime “piccole cose” del Pascoli non sono soltanto i segni di una vita reclusa e provinciale, non sono “cose” che stanno là, sulla pagina, riscattate nel musico compianto del loro esistere e soffrire: sono parole-mana, potenti suggestioni e persuasioni a cogliere il mondo nella lugubre sommessa pietà della nenia, sono un’educazione al mistero del mistero, allo struggimento per lo struggimento, al “quasi” che è e non è. Parole che non esprimono il pianto, ma piangono e offrono così al lettore una raffinata ricetta per piangere. Ecco il punto del “contenuto”» (A. Giuliani, La poesia, che cosa si può dire, in “il verri”, 1962, 3, poi in Immagini e maniere cit., pp. 146-51; ora in Gruppo 63 pp. 97-101).
14 Roberto Esposito, La vita impossibile della poesia: Alfredo Giuliani, in Le ideologie della neoavanguardia, Napoli, Liguori, 1976, pp. 71-72.
15 A. Giuliani, Prefazione cit., p. 8 e Introduzione cit., p. 16. L’inclinazione – dice di seguito Giuliani, “individuale” - è quella «a far parlare i pensieri e gli oggetti dell’esperienza [...] di me che scrivo e che non voglio affatto nascondere la mia soggettività» (ivi, p. 21). Dove è da sottolineare, proprio in chiave filosofico-fenomenologica, l’importanza data al vocabolo “esperienza”. «La “riduzione dell’io” è la mia ultima possibilità storica di esprimermi soggettivamente; e questa è un’ulteriore interpretazione di ciò che dicevamo a proposito del titolo di «novissimi». Ora però, dalla parte dell’oggetto, che è ancora penetrabile e pronunciabile senza falsità, si svolge una poesia che, secondo la «qualità dei tempi», cerca l’unità di visione e quindi il recupero di quel medesimo io prima ridotto metodicamente. Dialettica, se vogliamo, dell’alienazione» (ivi, p. 22).
16 Ivi, pp. 21-22.
17 A. Giuliani, Eliot nella terra desolata, in “la Repubblica”, 19 settembre 1989.
18 Così, «se per Eliot il poeta vero ha il dovere (lo si legge nel saggio di apertura, La funzione della poesia) di “estendere la capacità d’espressione” della propria lingua, sino a renderla “sottile” e “precisa”, ricavando in ogni caso dal parlato, dalla lingua comune, il proprio materiale verbale, se il problema riguarda dunque – ad ascoltare insieme l’influente lezione poundiana – l’arte di energizzare il linguaggio, certe affermazioni di Giuliani fanno propria tale convinzione, estendendone semmai la potenzialità trasgressive» (ivi, p. 104).
19 «[...] si può dire che l’immagine racchiude un certo nulla. Il suo oggetto non è un semplice ritratto, esso si afferma, ma affermandosi, si distrugge. Per quanto viva, forte, emozionante sia un’immagine, essa dà il suo oggetto come non-esistrente» (Jean Paul Sartre, Immagini e coscienza, Torino, Einaudi, 1948, p. 29).
20 A. Giuliani , Prefazione cit., p. 13.
21 Verso quale aspetto della fenomenologia la poetica di Giuliani si riferisce è evidente confrontando i suoi testi, e la concezione linguistica analogica che li sostiene, legata al “segno” più che alla “percezione”, con i passi qui riportati: «Rompendo il silenzio, il linguaggio relaizza ciò che il silenzio voleva e non otteneva. Il silenzio continua ad avvolgere il linguaggio, silenzio del linguaggio assoluto, del linguaggio pensante» (Maurice Merleau-Ponty, Il visibile e l’invisibile, edizione italiana a cura di Andrea Bonomi, Milano, Bompiani, 1969, p. 208). Ma già in Fenomenologia della percezione (cit., p. 255): «La nostra visione dell’uomo rimarrà superficiale finché non risaliremo a questa origine, finché non ritroveremo, sotto il brusio delle parole, il silenzio primordiale, finché non descriveremo il gesto che rompe questo silenzio»; e in Segni (cit., pp. 69-70) «Invece la parola vera, quella che significa, che rende infine presente l’absente de tous bouquets e libera il senso prigioniero nella cosa, non è che silenzio rispettto all’uso empirico, perché non giunge fino al nome comune».
22 R. Esposito, La vita impossibile della poesia: Alfredo Giuliani, in Le ideologie della neoavanguardia cit., p. 87.
23 Cfr. la recensione di Giuliani ai Cantos di Pound in “il verri”, 1962, 2, p. 83: «Il poeta dei Cantos ci appare, piuttosto che un “indagatore di cose”, un indagatore e artefice di immagini, spesso uno squisito traduttore di immagini; e ogni immagine essendo quasi una lingua del sublime, Pound è un cieco Tiresia che usa un linguaggio di linguaggi per programmare in qualche modo l’eterno sotto specie estetica».
24 A. Giuliani , Prefazione cit., p. 22.
25 A. Giuliani, La poesia, che cosa si può dire cit., p. 38.
26 R. Esposito, La vita impossibile della poesia: Alfredo Giuliani, in Le ideologie della neoavanguardia cit., p. 81.
27 T.S. Eliot, Sulla poesia e sui poeti, traduzione di A. Giuliani, Milano, Bompiani, 1960.
28 «[...] mostrando che non si può fare poesia pensando nella direzione della poesia se non come tecnica» (A. Giuliani, Prefazione cit., p. 13).
29 A. Giuliani, in AA.VV., Gruppo 63 cit., pp. 374-375.
30 A. Giuliani, La poetica del segno, prefazione a Poeti di Tel Quel cit., p. 5.
31 A. Giuliani, Prefazione cit., p. 20.
32 A. Giuliani, dal dibattito della riunione del Gruppo 63 a Palermo, ottobre 1963, ora in Gruppo 63 cit., p. 375.
33 Questo è il fine della poesia di Giuliani: «la quantità di disordine che la poesia scatena per dominare, il riscatto della giocosità intrinseca della frase dall’opposizione del significato convenuto: questo è neocontenutismo»; «Appunto, una formula per la poesia che c’interessa è: neo-contenutismo»; «strenua visione delle malattie dell’essere sociale. E come l’obiettivazione dell’esistenza è un fenomeno dal quale non ci si può districare apponendogli un segno positivo o negativo, così il neo-contenuto è quanto risulta dalla struttura stessa della poesia, ciò che opera sul lettore, il fatto, non “quel che si dice”»; Circa il “neo-contenutismo” e il ritorno in Giuliani, dopo il 1961, a un io lirico “non alienato”, cfr. A. Giuliani, La poesia, che cosa si può dire [1962], ora in Immagini e maniere cit.
34 G. Ferroni, Alfredo Giuliani, l’escrescenza del significante, l’algebra semantica degli oggetti cit., p. 9818.
35 Fino al 1961 Giuliani cura la rubrica di poesia su “il verri”, con recensioni raccolte poi per la maggior parte nel libro Immagini e maniere [1965].
36 A. Giuliani, Fatto verbale, in “il verri”, 1957, 2, pp.38-42.
37 Cfr. T.S. Eliot, L’uso della poesia e l’uso della critica e altri saggi, Milano, Bompiani, 1974, p. 194.
38 Niva Lorenzini, Eliot e i “Novissimi” , nel numero monografico della rivista “nuova corrente”, T.S. Eliot e l’Italia, Genova, Tilgher, 1989, p. 105.
39 Un’analisi di quelle che Giuliani chiama le «forme linguistiche della realtà», applicata al campo della metrica come strumento inclusivo - in cui si dispiega quella che Anceschi chiamava la “consapevolezza del fare”, “progettazione interna piena di stimoli” (cfr. Luciano Anceschi, Gli specchi della poesia, Torino, Einaudi, 1989, p. 37) - è condotta da Stefano Colangelo nell’utile volume Metrica come composizione. In appendice una conversazione con Edoardo Sanguineti, Bologna, Gedit, 2002.
40 «Nella universale alienazione […] gli oggetti sembrano giacere immobili, morti in una sorta di ontologia negativa che vede una frattura insanabile tra l’uomo e il mondo» (R. Esposito, Ideologie della neoavanguardia cit., p. 98).
41 Cfr. le osservazioni in proposito effettuate da uno dei critici più avveduti e storicamente vicini alla poetica dei novissimi, Fausto Curi, Ordine e disordine, Milano, Feltrinelli, 1964, p. 116-20.
42 «Tutto ciò che possiamo dire oggi intorno alla poesia suona falso o vacuo», «[…] la nostra cultura è tautologica, che la nostra vita è informe e che la poesia non è altro che l’estremo tentativo di conferire uno stile all’insensatezza del “contenuto” quotidiano?»; «La poesia non è una forma di conoscenza, ma una forma di contatto. La poesia è detta per agire» (A. Giuliani, La poesia, che cosa si può dire, in “Il verri”, 1962, 3, poi in Immagini e maniere, Milano, Feltrinelli, 1965, pp. 146-51; ora in Gruppo 63 cit., pp. 97-101).
43 G. Ferroni, Alfredo Giuliani, l’escrescenza del significante cit., p. 9823.
44 In Giuliani «La struttura delle cose è altro dalle cose stesse, è ciò che il soggetto/coscienza (e quindi il soggetto/linguaggio) trova di sé nelle cose» (R. Esposito, Le ideologie dell’avanguardia cit., pp. 114-119).

45 Il gruppo 63 può essere considerato per diversi aspetti appartenente a quelle che Maurizio Calvesi ha definito “avanguardie fredde” (Maurizio Calvesi, Le due avanguardie. Dal Futurismo alla Pop art [1968], Bari, Laterza, 1981). Ciò che distingue le avanguardie fredde dalle loro progenitrici storiche è sostanzialmente un approccio più tecnico e meno ideale, un recupero disincantato, ironico, formale e classicamente artistico.  

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