«Sgroviglia gli
arruffati pensieri dei trent’anni / mentre imbruna il cielo tra
meriggio e inverno, / filano le antenne verso il nord / e s’impolvera
l’orecchio. / Angeli viola preludiano in torma ad ogni svolta. /
Ecco l’omacchio disarmato / in mezzo al petto del campo; / ecco sul
dorso dei colli, in figure di dolore, / ulivi aspri e forti / a due a
due contorti in tenero colloquio».
**Il
presente saggio è la rielaborazione di un paragrafo della mia tesi
di dottorato La poetica dell’oggetto. Da Anceschi ai Novissimi,
Università degli studi di Firenze, Dottorato di ricerca in
Italianistica, ciclo XVII, tutor Anna Dolfi, adesso in corso di
stampa col titolo Le “poetiche dell’oggetto” di Luciano
Anceschi e dei Novissimi. Linee evolutive di una istituzione della
poesia del Novecento, (Firenze, Firenze University Press).
1
Cfr. AA.VV., I Novissimi. Poesie per gli anni ’60, a cura di
Alfredo Giuliani, Torino, Einaudi, 2003.
2
A. Giuliani, Il cuore zoppo, con sette versioni da Dylan
Thomas, Varese, Magenta, 1955. Nella prima edizione i versi
iniziavano, secondo la tradizione anglosassone, con la maiuscola.
3
R. Luperini, Il Novecento Apparati ideologici, ceto
intellettuale, sistemi formali nella letteratura italiana
contemporanea, vol. II, Torino, Loescher, 1981, p. 849.
4
Cfr. T.S. Eliot, Sulla poesia e sui poeti, traduzione a cura
di Alfredo Giuliani, Milano, Garzanti, 1960; James Joyce, Poesie,
traduzione a cura di A. Giuliani, Milano, Mondadori, 1961.
5
Nell’ordine: Resurrezione dopo la pioggia; Ogni domanda
penetra la quiete; I giorni aggrappati alle città; Io
fo per te un campo d’erbe canute; Sale il grano e si spegne;
Nel mio sangue risuscitano i boschi; Pastello; Città
d’estate; Ritratto a penna; Quando vidi il salice;
Grige radure s’accendono; I fantasmi della felicità;
I cacciatori di grilli; Dammi la mano me stesso; Il
mondo è gremito di voci; Amico della volpe e del rondone;
Compleannno; Nel mio cieco parlare.
6
Cfr. Antonio Schiavulli, Fra oggetto e simbolo. Il Cuore zoppo
di Alfredo Giuliani fra tradizione e neoavanguardia, in
“Critica letteraria”, 129, Napoli, Loffredo, 2005, pp. 731-752.
7
Giulio Ferroni, Alfredo Giuliani, l’escrescenza del
significante, l’algebra semantica degli oggetti: dall’astrazione
fenomenologica al collage, alla manipolazione libido-fecale della
lingua tautofonica, in AA.VV., Novecento. Gli scrittori e la
cultura letteraria nella società italiana, a cura di Gianni
Grana, Milano, Marzorati, 1983, p. 9813.
8
Per una testimonianza diretta del fertile rapporto intercorso tra la
“Nuova fenomenologia critica” di Luciano Anceschi e la poetica di
Giuliani, cfr. la testimonianza dello stesso Giuliani, Anceschi e
la tradizione del nuovo, in Renato Barilli, Fausto Curi, Emilio
Mattioli, Lino Rossi (a cura di), Luciano Anceschi tra filosofia e
letteratura, numero monografico di “Studi di estetica”, 15,
1997, p. 218.
9
«Nelle mie poesie, se mi è possibile chiarire le intenzioni, il
disordine della vita, né scansato né posto tra parentesi, anzi
presupposto di ogni discorso, non è assunto quale indice di un
atteggiamento semantico, non è preso esistenzialmente for granted.
Lo schizomorfismo diventa una logica del pensare correttamente,
poiché le cose importano meno della coscienza che le forma
penetrandone la struttura. Il tema è la vita oggettivata nei suoi
momenti di crisi: vita depurata dall’ovvietà, non dalle sue
implicazioni tragiche. Quello che mi pare paradigmatico è il bisogno
di stringere da vicino simbolo e significato. Perciò il discorso
tende a manifestarsi in forma di pensieri non concettuali ma
‘gestuali’, non preordinati, non dilatanti il ‘già pensato’».
«[...] in altre parole suppongo che l’aspirazione delle mie poesie
sia di far diventare i pensieri visibili come cose, non quali
argomenti» (A. Giuliani, Prefazione a I Novissimi cit.
p. 21), con la ricerca di un verso più concreto e consistente di
quello della tradizione moderna.
10
Come nel caso del “cuore” reso “zoppo”, dove l’aggettivo
porta un senso di goffaggine, legato a un difetto fisico-corporale,
inserendo una nota di comportamentismo: lo zoppicare è un’azione
«sgraziata, fin nel suono, così da profanare in giusta maniera la
stucchevole e pericolosa liricità appartenente al cuore» (Renato
Barilli, Gruppo 63, Bologna, Il Mulino, 1995, p. 38).
11
«Naturalmente, Giuliani poeta muove dalla “poetica degli oggetti”,
ovvero dal polo Montale, che però cerca di emendare via via degli
aspetti metafisici: sempre più oggetto, e meno simbolo, si potrebbe
chiosare, ovvero, nella correlazione tra un aspetto mentale-ideale e
uno cosale, l’accento sarebbe venuto a gravare sempre di più su
quest’ultima componente. Basti pensare al titolo dell’”opera
prima” di Giuliani, destinata a trovare posto nella collana
anceschiana, Il cuore zoppo (1955)»; «La mimesi del mondo
industriale avanzato si pone, insomma, a livello di funzioni, e non
di fatti esteriori» (ivi, p. 44).
12
A. Giuliani, Recensione a E. Montale, La bufera e altro, ne
“il verri”, 1956, I, p. 93.
13
«Le famosissime “piccole cose” del Pascoli non sono soltanto i
segni di una vita reclusa e provinciale, non sono “cose” che
stanno là, sulla pagina, riscattate nel musico compianto del loro
esistere e soffrire: sono parole-mana, potenti suggestioni e
persuasioni a cogliere il mondo nella lugubre sommessa pietà della
nenia, sono un’educazione al mistero del mistero, allo struggimento
per lo struggimento, al “quasi” che è e non è. Parole che non
esprimono il pianto, ma piangono e offrono così al lettore una
raffinata ricetta per piangere. Ecco il punto del “contenuto”»
(A. Giuliani, La poesia, che cosa si può dire, in “il
verri”, 1962, 3, poi in Immagini e maniere cit., pp. 146-51;
ora in Gruppo 63 pp. 97-101).
14
Roberto Esposito, La vita impossibile della poesia: Alfredo
Giuliani, in Le ideologie della neoavanguardia, Napoli,
Liguori, 1976, pp. 71-72.
15
A. Giuliani, Prefazione cit., p. 8 e Introduzione cit.,
p. 16. L’inclinazione – dice di seguito Giuliani, “individuale”
- è quella «a far parlare i pensieri e gli oggetti dell’esperienza
[...] di me che scrivo e che non voglio affatto nascondere la mia
soggettività» (ivi, p. 21). Dove è da sottolineare, proprio
in chiave filosofico-fenomenologica, l’importanza data al vocabolo
“esperienza”. «La “riduzione dell’io” è la mia ultima
possibilità storica di esprimermi soggettivamente; e questa è
un’ulteriore interpretazione di ciò che dicevamo a proposito del
titolo di «novissimi». Ora però, dalla parte dell’oggetto, che è
ancora penetrabile e pronunciabile senza falsità, si svolge una
poesia che, secondo la «qualità dei tempi», cerca l’unità di
visione e quindi il recupero di quel medesimo io prima ridotto
metodicamente. Dialettica, se vogliamo, dell’alienazione» (ivi,
p. 22).
16
Ivi, pp. 21-22.
17
A. Giuliani, Eliot nella terra desolata, in “la Repubblica”,
19 settembre 1989.
18
Così, «se per Eliot il poeta vero ha il dovere (lo si legge nel
saggio di apertura, La funzione della poesia) di “estendere la
capacità d’espressione” della propria lingua, sino a renderla
“sottile” e “precisa”, ricavando in ogni caso dal parlato,
dalla lingua comune, il proprio materiale verbale, se il problema
riguarda dunque – ad ascoltare insieme l’influente lezione
poundiana – l’arte di energizzare il linguaggio, certe
affermazioni di Giuliani fanno propria tale convinzione, estendendone
semmai la potenzialità trasgressive» (ivi, p. 104).
19
«[...] si può dire che l’immagine racchiude un certo nulla. Il
suo oggetto non è un semplice ritratto, esso si afferma, ma
affermandosi, si distrugge. Per quanto viva, forte, emozionante sia
un’immagine, essa dà il suo oggetto come non-esistrente» (Jean
Paul Sartre, Immagini e coscienza, Torino, Einaudi, 1948, p.
29).
20
A. Giuliani , Prefazione cit., p. 13.
21
Verso quale aspetto della fenomenologia la poetica di Giuliani si
riferisce è evidente confrontando i suoi testi, e la concezione
linguistica analogica che li sostiene, legata al “segno” più che
alla “percezione”, con i passi qui riportati: «Rompendo il
silenzio, il linguaggio relaizza ciò che il silenzio voleva e non
otteneva. Il silenzio continua ad avvolgere il linguaggio, silenzio
del linguaggio assoluto, del linguaggio pensante» (Maurice
Merleau-Ponty, Il visibile e l’invisibile, edizione italiana
a cura di Andrea Bonomi, Milano, Bompiani, 1969, p. 208). Ma già in
Fenomenologia della percezione (cit., p. 255): «La nostra
visione dell’uomo rimarrà superficiale finché non risaliremo a
questa origine, finché non ritroveremo, sotto il brusio delle
parole, il silenzio primordiale, finché non descriveremo il gesto
che rompe questo silenzio»; e in Segni (cit., pp. 69-70)
«Invece la parola vera, quella che significa, che rende infine
presente l’absente de tous bouquets e libera il senso prigioniero
nella cosa, non è che silenzio rispettto all’uso empirico, perché
non giunge fino al nome comune».
22
R. Esposito, La vita impossibile della poesia: Alfredo Giuliani,
in Le ideologie della neoavanguardia cit., p. 87.
23
Cfr. la recensione di Giuliani ai Cantos di Pound in “il
verri”, 1962, 2, p. 83: «Il poeta dei Cantos ci appare,
piuttosto che un “indagatore di cose”, un indagatore e artefice
di immagini, spesso uno squisito traduttore di immagini; e ogni
immagine essendo quasi una lingua del sublime, Pound è un cieco
Tiresia che usa un linguaggio di linguaggi per programmare in qualche
modo l’eterno sotto specie estetica».
24
A. Giuliani , Prefazione cit., p. 22.
25
A. Giuliani, La poesia, che cosa si può dire cit., p. 38.
26
R. Esposito, La vita impossibile della poesia: Alfredo Giuliani,
in Le ideologie della neoavanguardia cit., p. 81.
27
T.S. Eliot, Sulla poesia e sui poeti, traduzione di A.
Giuliani, Milano, Bompiani, 1960.
28
«[...] mostrando che non si può fare poesia pensando nella
direzione della poesia se non come tecnica» (A. Giuliani, Prefazione
cit., p. 13).
29
A. Giuliani, in AA.VV., Gruppo 63 cit., pp. 374-375.
30
A. Giuliani, La poetica del segno, prefazione a Poeti di
Tel Quel cit., p. 5.
31
A. Giuliani, Prefazione cit., p. 20.
32
A. Giuliani, dal dibattito della riunione del Gruppo 63 a Palermo,
ottobre 1963, ora in Gruppo 63 cit., p. 375.
33
Questo è il fine della poesia di Giuliani: «la quantità di
disordine che la poesia scatena per dominare, il riscatto della
giocosità intrinseca della frase dall’opposizione del significato
convenuto: questo è neocontenutismo»; «Appunto, una formula per la
poesia che c’interessa è: neo-contenutismo»; «strenua visione
delle malattie dell’essere sociale. E come l’obiettivazione
dell’esistenza è un fenomeno dal quale non ci si può districare
apponendogli un segno positivo o negativo, così il neo-contenuto è
quanto risulta dalla struttura stessa della poesia, ciò che opera
sul lettore, il fatto, non “quel che si dice”»; Circa il
“neo-contenutismo” e il ritorno in Giuliani, dopo il 1961, a un
io lirico “non alienato”, cfr. A. Giuliani, La poesia, che
cosa si può dire [1962], ora in Immagini e maniere cit.
34
G. Ferroni, Alfredo Giuliani, l’escrescenza del significante,
l’algebra semantica degli oggetti cit., p. 9818.
35
Fino al 1961 Giuliani cura la rubrica di poesia su “il verri”,
con recensioni raccolte poi per la maggior parte nel libro Immagini
e maniere [1965].
36
A. Giuliani, Fatto verbale, in “il verri”, 1957, 2,
pp.38-42.
37
Cfr. T.S. Eliot, L’uso della poesia e l’uso della critica e
altri saggi, Milano, Bompiani, 1974, p. 194.
38
Niva Lorenzini, Eliot e i “Novissimi” , nel numero
monografico della rivista “nuova corrente”, T.S. Eliot e
l’Italia, Genova, Tilgher, 1989, p. 105.
39
Un’analisi di quelle che Giuliani chiama le «forme linguistiche
della realtà», applicata al campo della metrica come strumento
inclusivo - in cui si dispiega quella che Anceschi chiamava la
“consapevolezza del fare”, “progettazione interna piena di
stimoli” (cfr. Luciano Anceschi, Gli specchi della poesia,
Torino, Einaudi, 1989, p. 37) - è condotta da Stefano Colangelo
nell’utile volume Metrica come composizione. In appendice una
conversazione con Edoardo Sanguineti, Bologna, Gedit, 2002.
40
«Nella universale alienazione […] gli oggetti sembrano giacere
immobili, morti in una sorta di ontologia negativa che vede una
frattura insanabile tra l’uomo e il mondo» (R. Esposito, Ideologie
della neoavanguardia cit., p. 98).
41
Cfr. le osservazioni in proposito effettuate da uno dei critici più
avveduti e storicamente vicini alla poetica dei novissimi,
Fausto Curi, Ordine e disordine, Milano, Feltrinelli, 1964, p.
116-20.
42
«Tutto ciò che possiamo dire oggi intorno alla poesia suona falso o
vacuo», «[…] la nostra cultura è tautologica, che la nostra vita
è informe e che la poesia non è altro che l’estremo tentativo di
conferire uno stile all’insensatezza del “contenuto”
quotidiano?»; «La poesia non è una forma di conoscenza, ma una
forma di contatto. La poesia è detta per agire» (A. Giuliani, La
poesia, che cosa si può dire, in “Il verri”, 1962, 3, poi in
Immagini e maniere, Milano, Feltrinelli, 1965, pp. 146-51; ora
in Gruppo 63 cit., pp. 97-101).
43
G. Ferroni, Alfredo Giuliani, l’escrescenza del significante
cit., p. 9823.
44
In Giuliani «La struttura delle cose è altro dalle cose stesse, è
ciò che il soggetto/coscienza (e quindi il soggetto/linguaggio)
trova di sé nelle cose» (R. Esposito, Le ideologie
dell’avanguardia cit., pp. 114-119).
45
Il gruppo 63 può essere considerato per diversi aspetti appartenente
a quelle che Maurizio Calvesi ha definito “avanguardie fredde”
(Maurizio Calvesi, Le due avanguardie. Dal Futurismo alla Pop art
[1968], Bari, Laterza, 1981). Ciò che distingue le avanguardie
fredde dalle loro progenitrici storiche è sostanzialmente un
approccio più tecnico e meno ideale, un recupero disincantato,
ironico, formale e classicamente artistico.
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